I giudici della Seconda Corte di Assise di Appello di Roma hanno ridotto a poco meo di 11 anni la condanna di Gabriele Natale Hjorth, colpevole dell’efferato omicidio del Vice Brigadiere Mario Cerciello Rega, avvenuto nel luglio del 2019.
Una notizia che il SIC accoglie con il dovuto rispetto per l’autorità giudiziaria, ma anche con profondo turbamento.
In qualità di associazione sindacale legittimamente costituita, non possiamo sottrarci dall’esprime una valutazione critica in relazione alle ricadute che tale vicenda ha sui militari dell’Arma, sulla loro percezione della Giustizia e sull’effettiva sensazione di essere tutelati con cui affrontano il quotidiano servizio.
La sproporzione tra la gravità del fatto un omicidio brutale, a sangue freddo e l’entità della pena inflitta, lascia sgomenti.
È evidente a tutti, e a noi Carabinieri per primi, che la vita di un servitore dello Stato non può essere valutata con tale leggerezza.
Non si tratta di mettere in discussione l’ordinamento, ma di evidenziare l’impatto profondo che simili decisioni hanno sul senso di giustizia e sulla motivazione del personale in servizio.
Dietro quella divisa non c’era un bersaglio.
C’era un uomo. Un marito. Un figlio. Un padre.
E nessun Carabiniere può essere trattato come un dettaglio giudiziario o un fatto archiviato dalla cronaca.
Il SIC esprime la sua più profonda vicinanza alla moglie, ai familiari e ai colleghi del Vice Brigadiere Cerciello Rega.
Ci stringiamo attorno a chi porta nel cuore quella notte maledetta, nella consapevolezza che il più grande miracolo per chi serve lo Stato è tornare vivo a casa e poter guardare i propri figli negli occhi.
Un diritto che a Mario è stato strappato per sempre.
Questa sentenza ci ricorda, ancora una volta, una verità che il SIC denuncia da tempo: i Carabinieri che vengono aggrediti e feriti sono lasciati lasciati soli, senza protezione adeguata, senza coperture sanitarie, senza tutele strutturali.
Per questo chiediamo al Governo, al Comando Generale e a tutte le Istituzioni
di dotare ogni Carabiniere di dispositivi di protezione individuale innovativi, certificati e realmente efficaci (giubbotti antitaglio, body-cam, spray difensivi, guanti tecnici);
di assumersi l’onere diretto delle spese mediche, psicologiche e riabilitative in caso di aggressione subita in servizio;
di porre fine all’indifferenza istituzionale, che ancora oggi costringe i militari a combattere a mani nude in un contesto sempre più violento e imprevedibile.
Chi indossa una divisa ha diritto alla sicurezza. Ha diritto alla vita. Ha diritto alla giustizia.
Il SIC continuerà, in ogni sede legittima, a battersi per la tutela e la dignità di tutti i Carabinieri.
SCARICA QUESTO COMUNICATO IN PDF